Stucchi, marmi, statue, tripudio bizzarro e geniale di decorazioni. Tutto questo e altro ancora è Lecce, la “Firenze del barocco”, l'”Atene delle Puglie”, il trionfo del barocco fiorito. Merito di valenti architetti ma soprattutto di tanti anonimi scalpellini e capimastri del XVII e XVIII secolo che intuirono lo straordinario potere della pietra leccese. La capitale del Salento è davvero un museo a cielo aperto con dettagli nascosti che si svelano solo passeggiando per la città tra botteghe di artigiani e artisti di cartapesta e terracotta.
Tre le opere monumentali più significative: Piazza Sant’Oronzo, l’Anfiteatro Romano, Piazza del Duomo, il Castello e la Basilica di Santa Croce.
Piazza Sant’Oronzo è il cuore pulsante della città. Prende il nome dalla statua del santo che svetta sulla colonna di Sant’Oronzo, innalzata nel 1666 come ringraziamento per la scampata peste. Dalla piazza si scorge il vicino sedile, detto anche Palazzo del Seggio e la ex Chiesa di San Marco (1543) opera dei mercanti veneziani che un tempo possedevano delle botteghe in città.
L’Anfiteatro romano fu portato alla luce nel 1938 e si pensa potesse ospitare fino a 20000 spettatori. La data della sua costruzione è incerta, ma la maggior parte degli studiosi lo fa risalire all’età augustea.
Piazza del Duomo è anche detta Cortile del Vescovado. La sua forma attuale risale al 1761, quando venne eliminata la porta d’accesso per costruire i monumentali propilei. In fondo alla piazza, frontalmente, si ammira la facciata laterale della Chiesa, sovrastata sul lato sinistro dal campanile del Duomo. L’affianca, a destra, il Palazzo vescovile rifatto nel 1632 su strutture preesistenti del XV secolo e caratterizzato da un arioso loggiato che corre lungo il primo piano. Quest’ultimo si prolunga fino al Palazzo del Seminario, opera tra le più rappresentative di Giuseppe Cino, tra i più valenti interpreti del barocco leccese.
Il Duomo, dedicato all’Assunta, fu fondato nel XII secolo ma deve la sua fisionomia al genio barocco di Giuseppe Zimbalo. Fu lui a rimaneggiare l’originaria struttura medievale, aggiungendo la splendida facciata laterale che differisce dalla facciata principale, rimasta molto più semplice e sobria. Il Campanile del 1682, alto 70 m, è un grattacielo barocco, scandito da 5 piani di cui l’ultimo è un’edicola ottagonale a cupola con vasi fioriti come pinnacoli. L’interno, a tre navate, rivaleggia con l’esterno in quanto a bellezza decorativa: soffitto ligneo a lacunari, ricchi altari inquadrati da colonne tortili spesso dorate e chiusi da balaustre a tarsie marmoree.
Il Castello fu edificato per volere di Carlo V che lo fece rafforzare con fossati e ponti levatoi. Sebbene sia stato manomesso se ne riconosce la pianta trapezoidale con i baluardi angolari.
La Basilica si Santa Croce è tra gli esempi più alti di barocco leccese. Alla sua edificazione si avvicendarono 3 generazioni di architetti: Gabriele Riccardi, Cesare Penna e Francesco Antonio Zimbalo. Al primo è attribuita la struttura generale della Chiesa e la parte inferiore della facciata, ripartita da sei colonne che culminano con arpie e sileni. La parte superiore fu realizzata prima da Penna e poi dallo Zimabalo, si apre con una balconata sorretta da figure antropomorfe e zoomorfe, e ornata da 13 putti reggenti emblemi. Il rosone, elemento simbolo dell’intera struttura, è incorniciato da tre ghiere concentriche dove si inseguono cherubini alati, bacche, uve e melograni. Un’allegoria che evoca le stagioni e la ruota della vita.
Chiesa di Sant’Irene: la chiesa, come si capisce, è intitolata a Sant’Irene che, tra l’altro, fu la patrona della città sino al 1656. In stile naturalmente barocco, è stata teatro di importanti accadimenti storici, dato che nel 1590 fu visitata da Andrea Avellino che poi venne nominato santo, nel 1797 fu visitata da Ferdinando IV di Borbone e nel 1860 fu scelta come sede per le operazioni di voto per decidere il sì di Lecce per entrare nel Regno d’Italia. Si intuisce, quindi, che si tratta di una chiesa di nevralgica importanza per la storia della città e non solo. Per quel che concerne l’architettura della chiesa, si può partire ad analizzare la facciata dicendo che è composta da due piani sovrapposti e che la parte inferiore è ulteriormente divisa in cinque spazi grazie a dei gruppi di lesene sovrapposte che diventano via via più sporgenti.
A lato si trovano delle nicchie vuote, mentre nello spazio centrale, come di consuetudine, c’è il portone, sormontato da una statua della Santa fatta da Mauro Manieri. Sulla facciata principale è presente un’iscrizione dedicata alla Santa Irene Virgini et Martiri.
Per quel che riguarda, invece, lo spazio interno della chiesa dedicata alla santa, si può dire che è a croce latina con una sola navata. Per ogni lato ha delle profonde cappelle ellittiche, tre per la precisione, comunicanti tra loro e con delle splendide volte illuminate tramite piccole finestrelle.
La prima cappella sulla destra è dedicata a San Carlo Borromeo, il secondo altare è in memoria di San Michele arcangelo, mentre la terza cappella ospita un altare del ‘700 con una tela di Luigi Scorrano ed è per le anime del Purgatorio. L’altare maggiore della chiesa, ossia quello della Croce, venne modificato nel 1753 e ospita il dipinto del Tiso chiamato Il Trasporto dell’Arca Santa. Dall’altro braccio troviamo l’altare dell’Angelo Custode, quello dedicato a san Gaetano di Thiene e l’altare rococò dedicato a Sant’Andrea Avellino. Dalla parte sinistra dell’altare della Croce, invece, troviamo l’altare di Sant’Oronzo, protettore di Lecce, che venne costruito verso la metà del Seicento ad opera dello Zimbalo. C’è accanto l’altare dedicato alla santa che ospita una tela dipinta che rappresenta Irene con altri 9 santi e lo stemma civico di Lecce. Accanto c’è anche l’altare della Sacra Famiglia.
A queste si aggiungono numerose altre chiese e palazzi cittadini che contribuiscono a creare un tesoro artistico di inestimabile valore. Cosa aspettate? Concedetevi qualche giorno di vacanza a Lecce, non mancano offerte last minute nel salento!